Profondo rosso… Ferrari

“Chiedi a un bambino di disegnare una macchina e sicuramente lui la farà rossa”. Spiegava così, Enzo Ferrari, la colorazione Rossa della sua amata creatura. Testo di Camilla.

Chissà oggi cosa penserebbe un uomo determinato e rigido come il Drake nel vedere il suo cavallino rampante ridotto ad un mulo azzoppato. 

Si tratta proprio di questo, il profondo rosso Ferrari parafrasando un vecchio film horror. 

Questo weekend a Spa Francoshamps  è finito nel modo peggiore possibile. Un fine settimana che definire da incubo è poco per una Ferrari che non è all’altezza del proprio nome. Da ieri mattina il Cavallino Rampante è precipitato in un abisso senza fine.

In qualifica la SF1000 ha segnato il proprio record negativo, risultato replicato anche in gara. Una prestazione che dipinge nel migliore dei modi il quadro della crisi profonda in cui è piombata la Ferrari. Per il secondo anno consecutivo il progetto iniziale della monoposto è fallito, questa volta però in maniera netta. Nel 2019, perlomeno, la Rossa era stata per lunghi tratti la seconda forza alle spalle della Mercedes, pur non riuscendo mai realmente ad impensierire la scuderia di Stoccarda per il titolo iridato; ora veleggia mestamente a centro gruppo, con prestazioni inferiori a Racing Point e McLaren. La stagione è ormai compromessa, impossibile da rimettere in piedi. Un team come Ferrari deve avere come unico e solo obiettivo la vittoria, traguardo che a oggi non è impossibile, ma addirittura impensabile. Allo stato attuale appare distante persino un livello dignitoso.

La scuderia di Maranello – e la Ferrari stessa – sta subendo un danno di immagine a livello mondiale di dimensioni catastrofiche.

Il reparto corse sembra un gruppo allo sbando, senza meta, come una grande nave alla deriva. Si sente la mancanza di un grande capitano come Sergio Marchionne, che ha lasciato un vero e proprio vuoto con la sua prematura scomparsa, che è coincisa con l’inizio di un declino che nessuno avrebbe immaginato cosi repentino ed inesorabile.

Mattia Binotto non sembra per nulla il condottiero che può cambiare la situazione vista anche la mala gestione di un pilota come Vettel, liquidato presto e male in favore di una giovane promessa come Leclerc, minando non poco la serenità del gruppo.

Nel frattempo la concorrenza cresce, investe, innova e migliora.

Per la cronaca, il 65° Gran Premio del Belgio di Formula 1 ha riservato un risultato amaro alla Scuderia Ferrari, che ha portato al traguardo entrambe le vetture ma non ha ottenuto punti avendo piazzato Sebastian Vettel al 13° posto e Charles Leclerc al 14°. Pur se in ordine inverso si tratta delle stesse posizioni dalle quali le due SF1000 avevano preso il via sullo schieramento, a conferma delle difficoltà che per tutto il weekend belga hanno afflitto le monoposto di Maranello. L’unico momento esaltante del fine settimana è stato lo scatto al via di Charles che, grazie anche alle gomme Soft di cui disponeva, è riuscito a scavalcare tre rivali e, alla tornata successiva, pure la Racing Point di Sergio Perez per salire fino all’ottavo posto. Poi però il monegasco ha cominciato a faticare dovendo cedere il passo agli attacchi di Pierre Gasly (AlphaTauri), Perez e Lando Norris (McLaren). Troppo poco per una scuderia che si chiama Ferrari.

Questa Ferrari ha bisogno di un completo e radicale rinnovo, con un piano a lungo termine portato avanti da persone determinate, di polso e dure all’occorrenza.

Un film già visto negli anni ‘90 con Berger e Alesi alla guida di una monoposto mediocre e con un team anch’esso senza quell’anima competitiva che sembra non rispecchiare più l’ideologia Rossa.

Quel calvario finì nel 1996, con l’arrivo di Jean Todt, Ross Brawn e di un certo Michael Schumacher. Ma questa, purtroppo, è un’altra storia…

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